Il testo che voglio presentare alla vostra attenzione è addirittura un elaborato comune padre dr. Sergio Gajek con il Alexander Dobroyer, è un riassunto elaborato dopo un tipo di incontri a Mosca, ad Odessa e a Minsk, nell’arco di un anno praticamente i problemi sono stati discussi nel contesto interconfessionale dei cattolici e degli ortodossi.
Devo chiedere una scusa perché l’italiano non sarà troppo buono, talvolta un po’ limitato, specialmente in questi brani che sono stati tradotti da noi dal russo in italiano, non avevamo sotto mano le traduzioni già fatte, esistenti. Per la pubblicazione evidentemente prenderemo quelli ma per il momento il linguaggio non semplice di Florenskij o di qualche suo commentatore sarà forse in un italiano non molto bello, però credo che quello che volevamo portare alla vostra attenzione sarà più o meno comprensibile.
Abbiamo deciso di dare il titolo a questo piccolo intervento “ Il senso della cultura in Pavel Florenskij” nel retaggio letterario di padre Pavel Florenskij.
Come è gia stato detto da padre Lorenzo Altissimo, il patrimonio letterario di Pavel Florenskij è molto ampio e multidimensionale: quello però che nelle sue opere è forse il è più prezioso è lo sforzo continuo di capire i problemi eterni dell’esistenza umana.
Nelle sue ricerche filosofiche e teologiche egli arriva alla riflessione, anzi una meditazione sui concetti stessi del vero, del bene e del bello. Cioè, in fin dei conti, a riscoprire l’essenza e il senso della cultura. Alle questioni di cultura, cioè alla culturologia Pavel Florenskij dedicò, tra l’altro, le opere seguenti: Ragione e dialettica del 1914, Culto religione e cultura -1918, Culto e filosofia — 1918, Filosofia del culto -1922, Ikonostas , Iconostasi, del quale ci ha parlato padre Altissimo e poi anche un articolo specifico Cristianesimo e cultura — 1924
Per poter capire perché padre Pavel Florenskij si è dedicato ad elaborare un insegnamento, proprio una dottrina della cultura, si deve ricordare che egli ha intrapreso la sua opera nel contesto delle idee comuni, delle idee bollenti, si potrebbe dire dell’intelligecija russa del primo ‘900, cioè del gruppo degli intellettualisti. Infatti le questioni riguardanti: la natura e la cultura, l’uomo e la tecnica la ragione ed il culto, la cultura, erano molto attuali per gli intellettuali dell’epoca ed erano discusse sulle pagine dei giornali per molti anni, prima della rivoluzione, ovviamente.
Queste questioni, questi temi erano importanti anche per Pavel Florenskij il quale partecipava in queste discussioni. Da una parte nella cultura russa si temeva una certa estetizzazione dell’esperienza religiosa, cioè di vedere l’esperienza religiosa come un’estetica solo a sfavore dell’ascetismo cristiano.
Fra gli altri fu un altro teologo russo padre Florowskij che prese proprio questo atteggiamento critico accennando gli argomenti sui libri di Florenskij “Stolp i utverždenie Istiny” ( Colonne e fondamento della verità) : una citazione “C’era tanta torbidezza qui in tutto, nella stessa esperienza religiosa, nelle idee doppie e sentimenti ambigui, nella seduzione erotica ed estetica e la teologia russa sperimentava una tentazione estetica come prima sperimentava quella moralista”; ed il libro di Florenskij era uno dei sintomi più chiari di questa tentazione.
Sono le parole veramente molto forti, sembra non molto giuste però dimostrano un atteggiamento di questo tipo critico riguardo a Florenskij stesso. Però d’altra parte c’erano le persone come per esempio Evgenij Trubeckoj che ritenevano che la citazione:
“L’ideale cristiano non si esprime nell’affermazione unilaterale, persino monofisita del principio divino. L’uomo sulla terra è chiamato ad essere collaboratore nella costruzione della casa di Dio e da questo scopo deve servire tutta la cultura umana, la scienza e l’arte, addirittura l’attività sociale”.
Un cenno caratteristico della culturologia di Pavel Florenskij è il suo modo di intendere, di capire la relazione tra la natura e la cultura. Infatti di solito la cultura viene intesa come qualcosa secondaria aggiunta alla natura. Florenskij invece cerca di dare uno sguardo su esse come se fossero una realtà unica, senza contrapporre una all’altra.
Nell’opera Homo faber egli scrive: “Se Dio è centro e fonte di cultura è per così dire archetipo della cultura come persona razionale, se egli è Dio della storia, Dio di Abramo, Dio di Isacco, Dio di Giacobbe allora perché la natura, vale a dire l’opera, la sua creatura è priva delle tracce di cultura?”
E rispondendo a questa domanda Florenskij afferma che la cultura e la natura si compenetrano e mai esistono una senza l’altra. Da una parte sono profondamente collegate dall’altra parte non si riducono l’una all’altra.
Florenskij scrive: “L’uomo portatore della cultura non crea nulla solo forma e trasforma gli elementi, d’altronde la natura non ci si presenta senza una forma culturale, senza la quale non fosse possibile conoscerla. E’ come il cibo che deve essere digerito e trasformato prima di diventare parte del nostro corpo”.
La sua concezione, il concetto sui generis , possiamo dire, della dialettica dell’unità e della diversità della cultura e della natura si fonda sulla dottrina delle antinomie; una dottrina specifica di Florenskij.
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L’ideologismo.
Secondo Florenskij questo concetto si caratterizza con la parzialità della conoscenza. Proprio per la scienza dell’800, dell’ illuminismo quindi con la perdita della prospettiva totale, integrale della realtà. Questa condotta dell’unilateralismo è estremismo nella conoscenza scientifica, nella scienza anche, che divide il mondo ricco e composto in singoli elementi e lo atomizza. Florenskij pone una domanda interessante: “Sono molti per i quali la natura non è divisa solo in elementi autonomi e slegati fra di essi? Terra, bosco, campo, fiume, ecc. Sono molti quelli che dietro agli alberi vedono il bosco? “
Secondo padre Pavel Florenskij è proprio a causa di questo atomismo disgregante dell’anima che la vita umana perde i suoi principi, la bellezza, il bene, l’utile.
Questa è una brevissima caratteristica dell’ideologismo.
L’economismo
L’economismo secondo Florenskij è una dottrina sorta nella metà dell’800, sotto influsso del sviluppo rapido della tecnica accompagnato con la degradazione e devalutazione della persona umana a favore delle masse e dei bisogni economici delle masse. Questo concetto della cultura implica il fatto che l’uomo non è capace di sovrastare ai frutti del suo lavoro.
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Secondo il nostro autore Florenskij la crisi della cultura è connessa con il razionalismo ed il materialismo.
La cultura può rinascere solo sulla base religiosa anche se la cultura occidentale si trasformò nella civilizzazione è incapace di una trasfigurazione consecutiva. La cultura russa mantenne una certa prospettiva connessa con la religione ortodossa malgrado il razionalismo occidentale che l’aveva contagiata.
Come si vede Pavel Florenskij non si ferma sulle questioni di culturologia ma egli pone le fondamenta della teologia della cultura. Questa fu la domanda importante per la Russia dell’inizio del secolo XX, è la domanda sul senso della cultura; questa domanda rimane attuale anche oggi.
Ecco volevo dire all’inizio anche che presentiamo questo breve testo nel contesto del titolo del tema del nostro convegno, del nostro seminario circa l’attualità del messaggio di P. Florenskij, anche per questo abbiamo scelto proprio il tema della cultura.
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La prospettiva escatologica del pensiero russo dell’epoca portava i cenni dell’estremo scetticismo ascetico che si ispirava alle parole si S. Giovanni evangelista, nella sua prima lettera: “ Non amate né il mondo né le cose del mondo”. Questo fu l’atteggiamento di questo scetticismo ascetico che dominava per un certo periodo almeno in certi circoli intellettuali.
Questo atteggiamento veniva dalla convinzione che prima o dopo ciò che è cultura, l’opera umana, sarebbe finito nel fuoco dell’inferno. Il ben noto teologo russo di Parigi, addirittura francofono Pavel Evdokimov commenta questo atteggiamento così:La cultura intesa così, sia dal punto di vista classico come quello romantico, si oppone all’escatologia ed all’apocalisse, essendo scandalizzata per il fatto della morte, la cultura combatte l’ultimo fine, tende però a rimanere nella storia. D’altra parte un certo iperescatologismo facendo un salto verso la fine dei tempi, sopra la storia, rifiuta qualsiasi valore della storia ed impedisce l’incarnazione, disincarna la storia. L’atteggiamento cristiano non è mai una negazione sia escatologica, sia ascetica. L’atteggiamento cristiano è invece un’affermazione escatologica. Questo è un commento di Pavel Evdokimov del pensiero di Florenskij. Lo stesso Pavel Evdokimov descrive il destino escatologico dell’arte e della cultura umana in genere nella sua visione profetica della fine dei tempi. Il linguaggio simbolico dell’Apocalisse parla della Gerusalemme nuova come del luogo dove porteranno gloria e onore dei popoli, quindi non entreranno lì a mani vuote. Si può pensare che tutto entrerà nel Regno di Dio, tutto ciò che avvicina lo spirito umano alla verità, tutto ciò che è espresso dallo stesso spirito nell’arte è considerato vero, tutto ciò che è frutto del suo genio entrerà nel regno di Dio unendosi alla sua vera realtà come l’impronta esatta aderisce al suo originale.
La maestosa bellezza delle cime coperte dalla neve, la tenerezza del mare e l’oro dei campi di cereali diventerà linguaggio perfetto del quale ci dice spesso la Bibbia.
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In questa prospettiva escatologica della realizzazione, del compimento della cultura umana appaiono due sue funzioni importanti: teurgica ed iconica, cioè le funzioni della cultura teurgica ed iconica, cioè essere un segno essere simbolo di quello che proviene dall’altra dimensione.
Pavel Florenskij, in sintonia con la concezione ortodossa della cultura, espressamente sottolinea le origini liturgiche della cultura, la sua genesi cultuale. Egli chiama una cultura vera solamente quella che è cosciente della propria genealogia celtica o cultuale.
Così il punto di partenza per lui è il collegamento tra la cultura ed il culto.
Il culto viene trattato da lui come tutta l’attività dell’uomo, una specie tra le altre della sua attività culturale. Tutta la cultura umana è penetrata dal concetto della bellezza. Tutta la creatura di Dio è bella. Questo concetto contiene una nozione di armonia, perfezione, purezza e nel cristianesimo anche il bene. Infatti la divisione tra l’etica e l’estetica è un fatto dei tempi moderni, quando la cultura è già stata secolarizzata ed è già stata persa l’integralità della concezione cristiana del mondo.
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La frase ben conosciuta di Fëdor Dostoevskij “la bellezza salverà il mondo” non è solamente una metafora, è una intuizione precisa è profonda del cristianesimo che, attraverso millenni della tradizione ortodossa, cercava questa bellezza. Proprio la tradizione del cristianesimo orientale percepisce il bello come uno degli argomenti che Dio esiste.
Secondo la famosa leggenda, il principe S. Vladimiro scelse il rito orientale proprio grazie alla testimonianza dei suoi inviati che gli riferirono la bellezza della liturgia della “aghia Sofia” a Costantinopoli.
Per i cristiani la bellezza non ha un valore assoluto senza essere immagine, segno, causa e una delle vie che conducono a Dio. In questa maniera Pavel Florenskij rifiuta sia l’ideologismo che l’economismo e sviluppa il concetto sacrale della cultura: questo concetto sacrale della cultura significa una ricerca nella storia di ciò che oltrepassa la storia e conduce fuori delle sue frontiere.
Nelle sue opere Florenskij molte volte ripete che diverse forme dell’attività umana vanno subordinate all’attività religiosa cultuale la quale da parte sua acquista un significato originario.
La cultura in questa prospettiva diventa un segno, un dito che punta sul Regno di Dio attraverso questo mondo.
“Sub specie æternitatis” : nella liturgia perenne del secolo futuro l’uomo canterà gloria al suo Signore mediante tutti gli elementi della cultura che saranno irrevocabilmente purificati, ma anche adesso sul nostro livello i membri della comunità cristiana scienziati, artisti partecipando nel sacerdozio comune svolgono la loro liturgia laddove Cristo è presente nella misura in quanto trasparenti sono i vasi che lo ricevono.
Sono simili agli iconografi dipingendo con l’aiuto della materia e luce di questo mondo i segni che disegnano lo schizzo misterioso del Regno. Invece l’arte che ha abbandonato il sacrum si è spogliata dal suo ruolo teofanico svolgendo il compito del collegamento dell’uomo con il mondo dell’aldilà il culto, il cuore, il centro, il fiore della cultura.
La manifestazione suprema, si può dire l’apoteosi dell’attività cultuale secondo Pavel Florenskij è l’arte della teurgia e l’iconografia. Allora tutta la spirituale creatività umana trova la sua sorgente e vertice qua.
Florenskij scrive: Tutte le belle arti sono anelli della catena dell’arte più creativa e più seria della teurgia, essa è il compito più importante della vita umana, il compito di trasformare la realtà il senso e la sorgente della vita, il cuore di tutta l’attività dell’uomo.
Il valore più grande dell’iconografia consiste nella possibilità di raccogliere insieme, di unire ciò che è eterno e temporale; incarnare l’incorruttibile in ciò che subisce morte e passa. L’iconografia permette di toccare il divino e infonde la luce nella vita umana.
Secondo il concetto sacrale della cultura essa, l’iconografia, aiuta l’uomo a percepirsi come immagine di Dio. questo per sé è una prova dell’esistenza di Dio. Florenskij scrive: Se esiste la trinità di Rublev, l’icona della trinità di Rublev, esiste pure Dio.
E’ un esempio magnifico del suo modo di pensare. Così egli propone una tesi sul carattere sovrannaturale dell’arte cultuale, sacralizza le sue opere, attribuisce ad esse proprietà sovrannaturali, grazie alle quali possano mediare tra l’uomo e il mondo, possono essere sorgente della cultura.
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Avendo presentato questo breve testo voglio ancora osservare che esiste una difficoltà oggettiva quando poniamo la domanda del senso e sul senso della cultura in Pavel Florenskij. Questa difficoltà proviene dal fatto che non ha creato un concetto integrale, monolitico della cultura. Praticamente in ogni articolo, in ogni pubblicazione scopriamo qualche altro aspetto, cerchiamo poi di trovare un legame. Però questo che ho presentato è solo un tentativo di trovare una chiave per capire un po’ meglio il senso della cultura in Florenskij e sottolineare l’importanza di questa concezione della cultura anche oggi nel nostro spazio postsovietico, cioè lo spazio dove nella libertà può rinascere grande tradizione russa.
Discorso alla conferenza «L’attualita’ del messagio di Pavel Florenskij», Il centro Vladimir Solov’ev, Padova, 13 aprile 2002 /versione parziale e provvisoria/